Tribunale Napoli, 11 Dicembre 2023. Pres. Pica. Est. Del Bene.
L’azione di responsabilità esercitata dal curatore fallimentare non costituisce un’azione nuova in quanto l’art. 146 L.F. (ora 255 CCII) si limita ad attribuirgli la legittimazione (esclusiva) ad esercitare, in forma cumulativa, le stesse azioni che, prima del fallimento, spettavano separatamente alla società ed ai creditori sociali.
L’insindacabilità nel merito delle scelte discrezionali di gestione non è assoluta poiché rileva, ai fini della responsabilità dell’organo amministrativo, il modo con cui le scelte sono state assunte ed attuate, ossia il percorso decisionale che ha portato a preferire una determinata scelta rispetto un’altra, sicché il giudice potrà verificare se la decisione assunta sia coerente con le informazioni raccolte nonché in linea con i normali criteri che devono ispirare l’operatore economico (liceità, razionalità, congruità).
L’intenzionalità richiesta dall’art. 2476, 7° comma, c.c. ai fini della corresponsabilità del socio negli atti illeciti commessi dall’organo amministrativo si sostanzia nella consapevolezza, da parte del socio, dell’antigiuridicità della sua condotta, assembleare o extra assembleare, e quindi richiede la prova che il socio si sia rappresentato ed abbia voluto influire con la sua condotta sull’operato dell’organo amministrativo. Inoltre la qualità di socio di maggioranza non esime dalla prova di tale presupposto poiché altrimenti si finirebbe per costruire un’ipotesi di responsabilità oggettiva, fondata sull’assunto che il socio di maggioranza non può che condividere la gestione amministrativa, specie se foriera di particolari vantaggi a suo favore ed a detrimento della compagine sociale, che non trova riscontro nell’art. 2476 c.c..