Tribunale Napoli, 22 Febbraio 2024. Pres. Scoppa. Est. De Gennaro.
In sede di giudizio di omologazione di un concordato preventivo il tribunale è tenuto ex art. 112 CCII ad una serie di verifiche che, nel solco della direttiva (UE) 2019/1023, sono state disancorate dal legislatore dai parametri precedentemente previsti dagli artt. 160 e 161 L.F. e incentrati sul binomio “ritualità della proposta” e non manifesta inidoneità/inettitudine dello strumento ad assolvere agli scopi di regolazione della crisi; in particolare il tribunale deve appurare tra l’altro:
a) la regolarità della procedura, anche per quanto attiene al rispetto delle norme di diritto sostanziale, verificando, alla stregua dell’attività svolta dal commissario giudiziale, la competenza dell’ufficio giudiziario adito, la persistenza delle condizioni di ammissibilità riscontrate in sede di apertura della procedura e l’integralità e correttezza dei dati forniti ai creditori senza peraltro spingersi fino a sindacare in via diretta la regolarità ed attendibilità delle scritture contabili ma limitandosi ad esaminare il modus operandi seguito dal commissario nella redazione della relazione definitiva (art. 107, 6° comma, CCII);
b) l’ammissibilità della proposta acclarando la legittimità sostanziale della stessa in conseguenza (i) della suddivisione in classi dei creditori nel rispetto dell’ordine delle prelazioni e della parità di trattamento all’interno di ciascuna classe, (ii) dell’assicurazione a ciascuno di essi di un’utilità economicamente rilevante, (iii) della sostenibilità finanziaria ed operativa dell’operazione programmata, (iv) del tempestivo versamento del fondo spese;
c) in presenza di concordato preventivo, l’assenza, sulla base della scienza e della tecnica, di una lampante inidoneità della proposta ad impedire o superare l’insolvenza; invero il concordato guadagna l’avallo dell’omologa non più sulla scorta di una prognosi fausta bensì sulla base di una valutazione di non palese inidoneità a regolare la crisi a causa di assunti fallaci o assiomatici, di tempi di recupero impronosticabili, o di attestazioni carenti o discordanti.
La competenza a deliberare sulla domanda di concordato preventivo proposto da un gruppo di imprese di rilevante dimensioni (artt. 2, lett. i, CCII) spetta al tribunale sede della sezione specializzata in materia di imprese individuato a norma dell’art. 4 del d. lgs. n. 27 giugno 2003 n. 168 nel cui circondario si trova il centro degli interessi principali (COMI) della società, dell’ente o della persona fisica che esercita l’attività di direzione e coordinamento ex art. 2497 e ss c.c. (determinato anche in via presuntiva ex art. 2497 sexies c.c.) oppure, in mancanza, dell’impresa che presenta la maggiore esposizione debitoria in base all’ultimo bilancio approvato (art. 286 CCII).
Rientra nel concordato preventivo in continuità anche la proposta di un gruppo di imprese che preveda la continuità diretta per alcune delle imprese del gruppo e la continuità indiretta (per cessione dell’azienda) per una di esse nonché la copertura del fabbisogno concordatario non dai flussi attesi dalla continuità ma da risorse a fondo perduto messe a disposizione (al 90% entro 30 gg. dall’omologa) da alcuni fondi (in parte anche già soci del gruppo) e dalla vendita di un azienda di una società del gruppo; in tal caso l’idoneità della proposta deve essere valutata in relazione al profilo della veridicità dei dati aziendali e dell’attendibilità degli apporti esterni (ravvisata nella fattispecie nel versamento dell’importo su un deposito fiduciario presso un notaio) e del ricavato della vendita (desunta dall’esistenza di un offerta vincolata di acquisto e dall’impegno dei fondi di pagare la somma necessaria a soddisfare i creditori della impresa ceduta).
In caso di concordato in continuità non approvato da tutte le classi, il tribunale, nel determinare il valore di liquidazione di cui all’art. 112, 2° comma, CCII delle varie imprese del gruppo, deve verificare che l’attestazione del professionista indipendente abbia considerato il valore di realizzo di tutti i beni e diritti liquidabili, aggiunto il presumibile ricavato dell’esperimento delle azioni revocatorie, risarcitorie e recuperatorie, ivi incluse quelle esercitabili solo nel caso di liquidazione giudiziaria, e sottratto non solo il presumibile importo delle spese di liquidazione ma anche uno sconto che tenga conto del probabile tempo di realizzo dell’attivo (particolarmente lungo nei casi di esiti sperati di azioni recuperatorie e risarcitorie) e che consenta di attualizzare lo stesso rendendolo comparabile con la tempistica di soddisfazione dei creditori indicata nel piano concordatario.