Tribunale Napoli, 14 Giugno 2022. Pres., est. Graziano
Il tentativo obbligatorio di conciliazione previsto dall’art. 5 del D. Lgs. n. 28/2010 non trova applicazione nei giudizi promossi innanzi al Tribunale delle Imprese per la declaratoria della nullità della fideiussione omnibus per violazione della normativa antitrust perché, a prescindere dal fatto che la fideiussione non rientra tra i contratti bancari stricto sensu, nelle controversie antitrust l’oggetto del giudizio è l’esistenza di un intesa illecita “a monte”, da cui poi discende la nullità dei contratti “a valle” in quanto strumento di attuazione dell’intesa illecita anticoncorrenziale, sicché la tipologia del contratto “a valle” risulta sostanzialmente irrilevante ai fini della decisione. Pertanto non può essere accolta la richiesta di rinvio pregiudiziale alla Corte di Giustizia dell’Unione Europea volta a stabilire se il contratto “a valle” rientri nella nozione di “accordi” di cui all’art. 101, paragrafi 1 e 2, del T.F.U.E. ed, in caso di tesi negativa, se osta all’applicazione del diritto eurounitario un’interpretazione estensiva dell’accordo da parte della giurisprudenza interna.
Il potere officioso di rilevo della nullità ex art. 1421 c.c. non comprende anche la rilevabilità d’ufficio dell’eventuale nullità parziale del contratto in mancanza di una domanda ritualmente proposta stante il principio dispositivo che governa il processo civile. Quindi va dichiarata inammissibile la domanda di nullità parziale delle clausole della fideiussione omnibus riproduttive dello schema A.B.I. proposta per la prima volta nella comparsa conclusionale mentre va respinta la domanda di nullità parziale delle fideiussione laddove non risulti provato che le parti del giudizio non avrebbero sottoscritto il contratto in assenza delle clausole de quibus.
La domanda riconvenzionale proposta dalla banca per la condanna del fideiussore al pagamento della sorta capitale e degli interessi convenzionali maturati per scoperto di conto corrente va dichiarata inammissibile perché le ragioni di connessione cui fa riferimento l’art. 3, 3° comma, del D. Lgs. n. 163/2003 vanno intese in senso restrittivo attesa la specificità delle materie e le esigenze di celerità che caratterizzano i giudizi di competenza del tribunale delle imprese; inoltre milita a favore della tesi dell’inammissibilità anche il rischio di un eventuale contrasto di giudicati, che potrebbe determinarsi, ad esempio, nel caso in cui, sospeso il giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo ottenuto dalla banca, quest’ultima potrebbe proporre la domanda riconvenzionale diretta la pagamento della somma garantita nel giudizio di nullità della fideiussione omnibus proposto in via di azione principale dal garante.
. (V. http://bancheclienti.ilcaso.it/sentenze/ultime/27732/bancheclienti)